Sabbia, roccia, acqua e temperature primaverili. Novembre 2016, si parte alla volta “dell’’isola dell’eterna primavera, Fuerteventura”, dove l’uomo lascia il posto alla natura che non manca di spettacolarità. Qui riscopri te stesso, sensi nascosti ed emozioni lontane riaffiorano, in simbiosi con gli elementi circostanti.
Usciti dall’aeroporto, nonostante sia già tardo pomeriggio, un’aria piacevolmente tiepida ci assale e dei sorrisi si stampano sui nostri volti. Ritirata l’auto a noleggio ci dirigiamo verso Corralejo, una delle località più antiche ed interessanti dell’isola, che si trova a Nord-Est di fronte all’isola di Lanzarote. La mattina successiva usciamo di casa alle 8, orario piuttosto mattutino per gli isolani. In effetti il paese sembra ancora dormire, il cielo limpido e il turchese intenso dell’oceano sembrano uniti tra loro, la brezza di mare porta con se l’odore di pescato, l’atmosfera è meravigliosamente rilassata. Nel vivace porto i colori sgargianti delle barche dei pescatori si mischiano alle barche a vela di moderni Robinson Crusoe. Il centro storico non è completamente invaso da locali e negozi, ma in nessun altro paese dell’isola si trovano vetrine colorate come quelle dei negozi di Corralejo. Passeggiando per il “Casco Viejo”, ovvero la parte vecchia del centro del paese, ancora si percepisce lo stile di vita del paesino di pescatori di qualche decennio fa. Non ci sono molti monumenti, la vera “regina” dell’isola è la natura. Qualche ora più tardi, le stradine del centro iniziano a popolarsi di residenti e turisti di ogni provenienza. Raggiungiamo il percorso pedonale che costeggia l’oceano, “Calle Maritima”, dove brulicano ristorantini, caffetterie e localini vari. E’ quasi ora di pranzo, e ci fermiamo a mangiare delle “Tapas”, piccoli artefatti culinari tipici Spagnoli, accompagnate da un’ottimo vino dell’isola di Lanzarote. Uscendo da “Pueblo”,il centro del paese, ci imbattiamo nel centro turistico vero e proprio, pieno di negozi, ristoranti, bar ed un paio di centri commerciali, già pronti per affrontare la serata. Proseguiamo verso la “Grandes Palyas”, durante il tragitto ammiriamo qualche piccola caletta fatta di strani coralli tra le rocce vulcaniche, di rara bellezza. Non appena arrivati, rimaniamo estasiati da un panorama piuttosto singolare, fatto di dune di sabbia sahariana bianchissima, oceano, e vette di monti vulcanici in lontananza, brulli, selvaggi, di colore rosso. Un paesaggio quasi marziano, uno dei più surreali che abbia mai visto. A piedi nudi sulla sabbia fresca e sottile, sembra di camminare sulle nuvole, mare calmo e caldo, noi e nessun altro fin dove arriva il nostro sguardo. Ci addentriamo tra le dune, nell’area escursionistica di “El Jable”, e ci sediamo ad ammirare il panorama, incantati a fissare l’orizzonte. Qualche ora più tardi, rimandiamo ad altro giorno il trekking sui vulcani e ci incamminiamo verso il paese, rigenerati ed innamorati di un angolo di mondo tanto meraviglioso. Il centro è già pieno di gente di ogni dove. Un calice di ottimo vino bianco di Lanzarote e cena a base di pesce freschissimo in un ristorantino Majorero (Majoreri è il nome antico degli abitanti dell’isola). La serata inizia ad animarsi in diversi locali, Buena Onda e Tequila ecc, fino a ritrovarsi a tarda notte alla spiaggia del Waikiki. Per i meno intraprendenti, a “Plaza de la Musica” ogni sera si esibiscono artisti e musicisti dal vivo. DA VEDERE: Fuerteventura è stata proclamata interamente “Riserva della Biosfera”. Le attrattive sono principalmente naturalistiche, ma nell’entroterra troviamo anche un po’ di storia. Spiagge: Corralejo è costeggiata interamente da spiagge fino a collegarsi con la “Grandes Playas”, tutte di sabbia bianchissima e finissima. Partendo da “Corralejo” verso sud,troviamo Flag beach famosa per surf e kite, Playa de El Burro, Playa Bajo Negro e Playa del Moro. A Nord di Corralejo, Playa del Bajo de la Burra, e verso Ovest Majanicho. Versante Nord-Ovest, da “El Cotillo”, Playa del Castillo, playa de la Cueva, playa Aguila e playa de Esquinzo.
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Quando senti vento e acqua gelida aggredire il tuo volto, il tonfo della barca che scavalca enormi muri d’acqua ricadendo con violenza su di essa, le urla dei tuoi compagni di viaggio per riuscire a sentirti l’un l’altro, realizzi che quella che stai attraversando è la tua tempesta perfetta, la prima vera della tua vita, e ahimè non l’ultima di questa esperienza.
Il Maestrale è di per sé un vento impegnativo, stasera fin troppo. Sono al timone, onde di cinque metri alte più o meno come una palazzina di due piani, passano ripetutamente sotto la barca. In queste situazioni, non puoi far altro che continuare a navigare, senza permettere alla tua mente di giocarti brutti scherzi. Rifugiarsi sotto coperta è davvero difficile, ti si scatenano addosso forze di cui non conoscevo l’esistenza. All’esterno, la prua che sbatte con violenza tra un onda e l’altra crea getti d’acqua che inondano letteralmente la barca, si prospetta una notte un po’ umida e movimentata. Tutto ha inizio quasi per caso. Un tizio di nostra conoscenza ci propone di trasferire la sua barca da Civitavecchia a S.Maria di Leuca, e noi accettiamo con entusiasmo. Partenza il pomeriggio di un Lunedì di Luglio. Sapevamo che era una barca a vela di sedici metri di lunghezza, ma al nostro arrivo ci troviamo di fronte uno splendore pieno di lusso e tecnologia…quasi non credevamo ai nostri occhi. Si scaldano gli animi e, sistemata la cambusa, decidiamo di salpare alle sei del pomeriggio nonostante i bollettini meteo non erano del tutto confortanti. Così ci ritroviamo nel bel mezzo di una piccola tempesta mediterranea. Per mia fortuna, sapevo che l’unico modo per non far arrivare lo stomaco in gola in questi casi è quello di rimanere al timone, la parte più centrale, bilanciata e con meno oscillazioni della barca. Dopo una notte senza dubbio complicata, poco prima dell’alba pian piano torna tutto alla normalità e, un po’ provati, approdiamo in una rada dell’isola di Ponza. Stremati, ci prendiamo la mattinata di riposo. Non posso credere di aver attraversato un mare in burrasca come quello della scorsa notte. Ancora oggi non realizzo perfettamente da dove sia uscita tutta la tenacia che ci ha permesso di oltrepassarlo a nervi saldi e sangue freddo senza mai credere di non potercela fare. Tornando al riposo, da buoni Italiani prepariamo il caffè, e l’odore richiama l’attenzione di una coppia di settantenni Australiani ancorati accanto a noi. Durante la chiacchierata, scopriamo che da cinque anni loro vivono solo in estate, spostandosi da un’emisfero all’altro. “Con i piedi per terra stateci voi, che io voglio vedere il mare” cit. Ascoltarli è come leggere un libro di avventure, sono come ipnotizzato dalle loro esperienze e dalla loro passione nel raccontarle. Sarei rimasto con loro per giorni interi, ma subito dopo uno spuntino, decidiamo di salpare con rotta verso le isole Eolie. Nel tratto di mare che andavamo a navigare, essendo molto lontani dalla costa, non è difficile incontrare delfini, tartarughe o, con una buona dose di fortuna, balene che affiorano a pelo d’acqua. Tutto fila liscio, il vento è giusto e le onde morbide e docili, ma in mare si sa, ogni piccolo cambiamento ti può far pentire anche di essere nato. Ed è così che subito dopo il tramonto, il mare si ingrossa ed il vento diventa così teso da farci scorrere una cima allentando completamente la vela di prua. Maledetta sventura… Io al timone cerco di governare la barca nonostante in queste condizioni sia davvero difficile, gli altri tentano di recuperare la vela. Proseguiamo con molta attenzione fino a quando, qualche decina di minuti più tardi, tra una raffica e l’altra riusciamo a sistemarla, e finalmente iniziamo a goderci la navigazione a lume di luna. Il cielo è talmente nitido, che la gran quantità di stelle e la luce della luna ti permettono di vedere come fosse giorno, creando un’atmosfera surreale. Sento che da questo momento in poi tutto andrà bene. E infatti, dopo una notte magica, al mattino ci imbattiamo in un branco di delfini che ci accompagnano fino all’isola di Stromboli, nuotando a pelo d’acqua in entrambi i lati della prua della barca, uno spettacolo veramente sorprendente. Vederli saltare in sincronia perfetta è strepitoso, affascinante. Pian piano arriviamo alle isole Eolie, e, salutati i delfini, circumnavighiamo Stromboli ammirando le sue colate laviche che si tuffano in mare. Di notte sarebbe stato sicuramente più teatrale, ma anche di giorno è una meraviglia. Nel frattempo, il bollettino meteo ci avvisa che nelle successive ventiquattro ore è in aumento il rischio di burrasca nel “golfo di Taranto”, caso strano rientra proprio nelle nostre tempistiche. Due mareggiate in un'unica traversata! Non ce l’avremmo fatta, ne ero sicuro. Un po’ preoccupati, ci dirigiamo verso lo stretto di Messina. Attraversarlo fa sempre un certo effetto. Due mari che si incontrano, Scilla e Cariddi, correnti che sembrano far ribollire l’acqua, due mondi divisi da una piccola lingua di Mediterraneo. A completare la misticità di tutto questo, un tagliere con salumi, formaggi e vino bianco sul nostro tavolo. Ok, alcune bottiglie di vino bianco, tante da farci dimenticare la possibilità di imbattersi in una nuova burrasca. Navighiamo tutta la notte con mare calmo, e all’alba, con grande sollievo generale, scopriamo che l’allerta meteo non c’è più. E’ rimasta solamente qualche piccola sbornia. Nelle ore successive tutto và per il meglio, e intorno alle tre del mattino di Venerdì avvistiamo il “faro di Santa Maria di Leuca”. In questo momento esatto un’emozione mi avvolge, e sento che tutto ciò che ho imparato in questa vera esperienza in un mare non proprio facile sarà per me una scuola di vita. “Dopo la tempesta esce sempre il sole…” Concludiamo l’avventura con una birra ghiacciata in un piccolo chiosco ancora aperto vicino al porto, un po’ di mal di terra (dopo tanti giorni in mare ci si abitua alle continue oscillazioni e tornando sulla terraferma si ha la sensazione che tutto si muova), e la consapevolezza che questa avventura ed i suoi insegnamenti ce li porteremo per sempre. “Senza una certa dose di incoscienza, non c’è felicità” Friedrich Nietzsche |
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Novembre 2017
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